mercoledì 2 gennaio 2019

IL MEGLIO DEL 2018


Sergio Tau, La repubblica dei vinti, Marsilio, Venezia, 2018

Raccogliere le ultime voci prima del silenzio; questo l’obiettivo di Sergio Tau, che con lo scrupolo del cronista, a venti anni di distanza, ha messo mano alle interviste realizzate per la trasmissione radiofonica RAI Le voci dei vinti. Un patrimonio immenso, che all’epoca fu solo parzialmente utilizzato sia per motivi di programmazione sia, soprattutto, perché il tema della militanza nella RSI era ancora argomento tabù, oggetto di infinite polemiche dentro e fuori dal parlamento. Forse solo per chi è arrivato dopo quella stagione alcune cose appaiono scontate: il disorientamento post 8 settembre, l’affezione per i miti del ventennio, l’effetto trascinamento che ebbe l’esempio del “fascismo in famiglia”. Nelle testimonianze, crude, atroci, rabbiose e allo stesso tempo così dense di verità raccolte dall’autore, tutti questi temi riemergono e ribollono, senza censure e senza rimorso. E tutto ci appare spietato, come spietata è una guerra civile combattuta fra diciottenni. Una cronaca feroce di venti mesi di agguati e rappresaglie, bei gesti e vigliaccherie, fino alla sconfitta finale e alle rappresaglie del dopo. Il libro di Tau è forse uno dei migliori dell’ultimo decennio sul tema della guerra fra italiani, e per come è stato realizzato ci appare migliore di tante narrazioni moraliste pubblicate di recente. Perché il dolore qui si tocca con mano.  

Davide Filippi, La battaglia di Cecina, Phasar, Firenze, 2018

E’ un peccato che l’autore, non uno storico di professione, abbia curato poco l’editing di questo lavoro; l’opera è infatti costellata di cattive traduzioni ed è redatta con prosa genuina, ma zoppicante. Eppure, come tante altre narrazioni di storia locale, la vicenda narrata nelle pagine de La battaglia di Cecina è ancora in gran parte inedita nella storiografia sulla campagna d’Italia combattuta fra 1943 e 1945. Nel giugno e luglio 1944, la parte meridionale della provincia di Livorno vide lo scontro frontale, uno dei pochi nella nostra penisola, fra le Waffen SS e l’esercito americano, in una battaglia che ebbe risvolti incredibilmente cruenti per ambo le parti. I feroci e giovanissimi fanti con le mostrine nere della 16° divisione Reichsfuehrer affrontarono gli altrettanto agguerriti nippoamericani del 442° reggimento Nisei, in una serie di scontri durissimi, talvolta all’arma bianca, con perdite spaventose e atti di coraggio vicini all’incoscienza. La divisione tedesca ne uscì decimata nell’organico, e il battesimo del fuoco delle SS fu il prologo di una scia di atrocità che sconvolgeranno Toscana ed Emilia, da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto; per gli statunitensi fu la prova, nei confronti della propria comunità e di una nazione che era in guerra con il loro paese di provenienza, di essere meritevoli di fiducia e testimoni di un coraggio fuori dal comune (il reggimento è a tutt’oggi il più decorato dell’esercito USA). Tutto questo meritava una narrazione appropriata ed è bene essere grati a Filippi per lo sforzo di raccontare quanto sino ad oggi era stato in gran parte trascurato.

Leonardo Raito, Paolo Spriano, Cleup, Padova, 2018

Nonostante il rilievo avuto nella vicenda del PCI, e nella narrazione del partito stesso, Paolo Spriano non aveva ancora goduto dell’attenzione di uno studio monografico. Leonardo Raito, con maestria, senza acredine e allo stesso tempo senza toni agiografici, colma questa lacuna, offrendoci il profilo di un uomo colto e tormentato, ma fedele fino in fondo alle tesi del marxismo; dalla vicenda resistenziale che lo vide giovane protagonista del movimento di liberazione piemontese, sino alla repentina scomparsa avvenuta alla vigilia della caduta del muro di Berlino, Spriano, talvolta facendo torto alla sua stessa fine intelligenza, fu comunista senza tentennamenti e con fede cieca. Convinto che l’assenza di democrazia nell’Urss e nei paesi del patto di Varsavia fosse un peccato veniale sulla strada del socialismo, e non il vulnus originale del leninismo prima e dello stalinismo poi. Autore di un imprescindibile studio sulla storia del comunismo in Italia, non fu capace di ammettere errori nella traiettoria di quel partito, e quando anche messo di fronte all’evidenza dei fatti, da Budapest 1956 a Praga 1969, proseguì senza tentennamenti sul binario delle proprie idee, non volendo o non potendo distaccarsene. Raito, al termine dello studio, davvero prezioso, raccoglie una serie di scritti, editi e inediti, di Spriano. Una lettura utile per comprendere meglio il percorso di uno studioso tanto sensibile umanamente quanto inscalfibile nelle proprie certezze ideologiche.

Rino Moretti, Cattura e morte di un dittatore, Mursia, Milano, 2018

L’autore è un ricercatore non accademico che già in passato aveva offerto prove di notevole interesse, come il volume, sempre pubblicato per Mursia, sulla battaglia di Argenta, scontro decisivo per l’ottava armata britannica sulla via della liberazione dell’intero nord Italia. In questo studio Moretti non ha la pretesa di lanciare degli scoop su una vicenda ormai notissima e oggetto di monografie da oltre mezzo secolo, ma di offrire lo stato dell’arte degli studi scientifici sull’ultima settimana del fascismo e dei suoi leader. Nelle pagine del volume si presentano finalmente con il giusto equilibrio tutte le parti in causa: servizi americani, britannici e tedeschi, partiti politici italiani, formazioni partigiane di diverso equilibrio e diverso orientamento. Il tutto nel collasso di un regime ventennale e al termine di un anno e mezzo di spietata guerra civile. In uno scenario di questo genere, forse, come sottolinea Moretti, è abbastanza inutile cercare un filo conduttore in mezzo alla generale confusione dell’ultimo scampolo della seconda guerra mondiale; molti eventi si susseguirono per puro caso, con andamento zigzagante, proprio perché non c’era un canovaccio sull’argomento principale: che fare del duce dopo la sua cattura. I fatti, oltre ogni dietrologia, questo dimostrano, e ciò che ne seguì fu il confuso susseguirsi di ordini fra autorità in disaccordo, che solo in un secondo momento cercarono di creare una vulgata a beneficio del paese. Con scarso successo.

Fausto Sparacino, Norberto Bergna, Brigata Nera Aldo Resega, Ritter, Milano, 2018

L’opera di Sparacino e Bergna è davvero certosina nel ricostruire non soltanto le linee generali della storia formazione derivata dalla militarizzazione dei fascisti milanesi, ma le cronache delle decine di fasci del capoluogo lombardo dal settembre 1943 fino all’aprile 1945. Le informazioni riportate, sia pure in tono agiografico (manca, come spesso accade in questo tipo di studi ogni accenno alle fucilazioni, alle deportazioni e alle torture, che pure ci furono in gran quantità) risultano spesso inedite o poco esplorare. Il quadro che emerge, non diversamente dagli studi sull’altra formazione meneghina, ossia la legione “Ettore Muti”, è quella di una guerra civile stracittadina, dove si incrociavano rancori ventennali, divisioni familiari, rivalità paesane e di quartiere, il tutto in una atmosfera torbida e luttuosa, dove gli eventi maggiori, come la visita di Benito Mussolini avvenuta in un imprevisto tripudio di folla, a dicembre 1944, si incrociano con le storie di paese, con i funerali desolati e solitari delle camicie nere e con lo stillicidio degli agguati e delle rappresaglie. La narrazione è arricchita da una ricchissima documentazione fotografica, in gran parte inedita, sulle manifestazioni pubbliche del fascismo milanese. Lo studio appare indispensabile per chiunque intenda avvicinarsi alla storia dell’ultimo squadrismo, tema che nonostante gli apporti degli ultimi venti anni di storiografia, necessita tuttora di continui approfondimenti e aggiornamenti.

Eugenio di Rienzo, Ciano, Salerno, Roma, 2018

L’autore ci offre una biografia letteralmente monumentale di Galeazzo Ciano e ci consegna uno studio non solo indispensabile, ma per molti aspetti definitivo per comprendere la storia del “genero del regime” dopo decenni di lavori giornalistici o di agiografie scarsamente attendibili. L’affresco che ci viene offerto ha numerosissimi motivi di interesse, non solo per gli storici di professione ma anche per chiunque voglia approfondire la vicenda umana e politica di uno dei protagonisti del ventennio fascista. Ciano, predestinato in ogni senso, al ruolo che ricoprì al fianco (e alle spalle) di Mussolini, fu molte cose contemporaneamente: squadrista ad honorem, fascista spurio, diplomatico incosciente, marito infedele, monarchico in articulo mortis, mussoliniano ondivago e tessitore di trame tanto occulte quanto inconsistenti, l’ultima delle quali gli risultò fatale. Obiettivamente, però gli interlocutori del conte di Cortellazzo non gli erano di molto migliori: ministri di stati autoritari se non di autentiche dittature, esponenti mediocri di governi democratici deboli con i forti e forti con i deboli, autentiche nullità che hanno lasciato dietro le proprie spalle disastri politici e persecuzioni disumane per motivi razziali, etnici e ideologici. Non ci pare casuale che, oltre ai leader del nazismo e del fascismo, quasi tutti i protagonisti del volume siano morti precocemente e violentemente, oppure siano scomparsi senza lasciare ulteriori tracce nella storia politica europea. Un bel mondo dorato nel quale Ciano era un parvenu, ma che dalle pagine di Di Rienzo ci appare più vicino a “Grand Budapest Hotel” che a “L’ora più buia”: un universo autoreferenziale, tragico e ridicolo assieme, costellato di protagonisti e comparse irresponsabili e inadeguate. Quando in molti, anche oggi, rimpiangono “gli statisti di un tempo” forse dovrebbero leggere cosa furono davvero i politici di allora, e riflettere sui loro disastri, e sulle loro manchevolezze, elencate con puntualità e gran mestiere dall’autore.