sabato 8 gennaio 2022

IL MEGLIO DEL 2021

 

Federico Ciavattone, Arditi in Sicilia, Archivio Storia, Fidenza, 2021

L’autore, esperto di storia militare, narra per la prima volta la vicenda di uno dei pochi reparti d’elite delle forze armate regie, ossia il X reggimento arditi, una formazione volontaria di elementi scelti, addestrati alla guerra non convenzionale e ad azioni simili a quelle dei commando britannici o tedeschi. L’impiego fu frammentario, e praticamente si concluse nel corso del luglio 1943 all’ombra dell’Etna, con risultati notevoli dal punto di vista tattico, ma sostanzialmente inutili a cambiare l’esito della campagna di Sicilia, ormai destinata, per le forze dell’Asse a concludersi in modo catastrofico. Una storia che dimostra, una volta di più, come il regime avesse plasmato il nostro esercito secondo la retorica dei “milioni di baionette” senza minimamente avere intuito i canoni della guerra moderna, fatta anche di azioni di guerriglia, controguerriglia, sabotaggio e incursioni mirate. “Too little, too late”: fu troppo poco, e troppo tardi.

Mario Avagliano-Marco Palmieri, Paisà, sciuscià e segnorine, Il Mulino, Bologna, 2021

Mario Avagliano e Marco Palmieri continuano la loro indagine sull’Italia fra guerra e dopoguerra, con rigore e assieme partecipazione umana, narrando il dolore del Mezzogiorno: un popolo brutalizzato dai tedeschi in ritirata dopo l’armistizio e trattato in modo sprezzante da americani e (soprattutto) inglesi; uomini e donne oggetti, infine, delle violenze di massa delle truppe nordafricane al comando dei francesi, su cui si stese, velocemente, un muro di omertà istituzionale. Cosa sapeva il Settentrione, diviso fra guerra civile e movimento di liberazione, di questa situazione? Poco o nulla, tanto è vero che emerge con chiarezza il pregiudizio (antico) sociale e politico verso il sud della nazione. Gli autori riescono nell’intento di offrire al lettore un affresco fatto di chiaroscuri, in cui la vitalità di una parte del paese convisse con fame, degrado, umiliazioni e vessazioni.

Chiara Colombini, Anche i partigiani però…, Editori Laterza, Bari-Roma, 2021

La resistenza è sotto attacco e va difesa; questa in estrema sintesi la tesi dell’autrice. In realtà, quello che negli ultimi venti anni è stato oggetto di revisione (non di “attacco”) è stata la valutazione del comportamento del partito comunista durante e dopo la fine della guerra in Italia. La differenza valoriale tra le parti in causa, non ci pare sia mai stata messa in discussione, se non tra frange estreme, non presenti e non rappresentate politicamente. Sono invece le centinaia di omissioni degli aspetti più controversi della guerra civile ad aver creato l’humus su cui l’attenzione dell’opinione pubblica si è andata a concentrare col trascorrere degli anni: nessuno obbligava generazioni di storici a evitare gli angoli bui della guerra civile almeno fino agli studi di Claudio Pavone; Se alla fine la pentola è stata scoperchiata, di certo non è colpa di un complotto antidemocratico, ma della parzialità con cui la storia di quei mesi è stata raccontata per decenni.

Charles Messenger, Il gladiatore di Hitler, Italia Storica, Genova, 2021

L’edizione italiana di questo eccellente lavoro di Charles Messenger, storico militare scomparso nel 2017, esce a venti anni dalla prima edizione inglese; lo studio è al momento l’unica biografia scientifica di Joseph “Sepp” Dietrich, guardia del corpo di Adolf Hitler che fu comandante per oltre un decennio della “Leibstandarte Adolf Hitler”, la prima divisione delle SS. Il profilo umano di questo sergente dell’esercito del Kaiser che concluse la seconda guerra mondiale da generale d’armata, ha diversi aspetti di interesse: incolto ma amato dai suoi soldati, inadeguato ai compiti di comando ma carismatico assai più del suo capo Heinrich Himmler, rappresentava in fondo l’ideale del soldato politico del Reich. L’autore si riserva il giudizio sulle responsabilità dirette nelle atrocità commesse dai suoi uomini, e questa fu la sentenza della giustizia americana che dopo qualche anno lo rimise in libertà: dimostrazione che non solo in Italia fu larga la manica verso i guerrieri ideologici del “nuovo ordine” europeo.

H. James Burgwyn, Mussolini e la repubblica di Salò, Castelvecchi, Roma, 2021

L’autore si era già occupato del regime fascista durante la seconda guerra mondiale nel suo precedente L’impero sull’Adriatico (LEG, Gorizia, 2006) e questo volume potrebbe essere il seguito ideale della precedente ricerca. Il lavoro, costruito su una bibliografia di alterna qualità (si trovano citati assieme studi scientifici e altre pubblicazioni di taglio giornalistico) poco però aggiunge alla storiografia più recente: Mussolini appare debole e incerto, da un lato in balìa dei fascisti intransigenti e dall’altro schiacciato sotto il peso degli occupanti nazisti; vorrebbe emanciparsi dall’alleato occupante, ma in fondo non nasconde la propria stima per Adolf Hitler e la radicalità della guerra totale (anche per quanto riguarda lo sterminio degli ebrei). Forse Burgwyn pecca di provincialismo nel finale, quando afferma che gli scritti di Giampaolo Pansa hanno dato il “la” ad una reviviscenza del fascismo in Italia, dimenticando che, forse, i silenzi politici della sinistra sulle violenze postbelliche hanno fatto più male alla sinistra stessa che le pubblicazioni di un bravo giornalista.

Alberto Leoni, O tutti o nessuno!, Ares, Milano, 2021

Le vicende dei sacerdoti emiliani e romagnoli caduti durante la seconda guerra mondiale non ha mai conosciuto particolare successo storiografico; in genere gli studi, per la maggior parte biografici, si sono concentrati su singole figure, vittime delle violenze naziste, fasciste e comuniste, o hanno cercato di inquadrare il movimento cattolico della regione nel quadro più ampio del passaggio fra guerra e dopoguerra. Leoni, meritevolmente, ha raccolto e annotato i profili dei 123 prelati morti per cause belliche fra il 1940 e il 1945; 14 cappellani militari, 37 uccisi da tedeschi o dai fascisti, 27 da partigiani o ex partigiani e ben 45 per i bombardamenti aerei. Forse, fra tutti, quest’ultimo dato dovrebbe fare maggiormente riflettere su queste biografie, per fare comprendere come i pastori in nessun caso si allontanarono dal loro gregge. Anzi, in molti casi per i propri fedeli vissero, soffrirono e, talvolta, morirono.

Giacomo Pacini, La spia intoccabile, Einaudi, Torino, 2021

La storia di Federico Umberto d’Amato, narrata pregevolmente da Pacini, è la dimostrazione di come il transito dalla guerra al dopoguerra, per quanto concerne le forze dell’ordine del nostro paese, fu assai più fluido di come è stato fino a oggi narrato; per quello che concerne poi i servizi di informazione del ministero dell’Interno, il passaggio fra fascismo, monarchia e repubblica, rappresentò sostanzialmente un “continuum”, con la cristallizzazione nei propri ruoli di chi si era ricavato spazi di potere negli anni di più intensa collaborazione con gli alleati atlantici fra gli anni quaranta e cinquanta. D’Amato fu protagonista di questa continuità, agendo spesso in assoluta autonomia rispetto ai governi che si sono susseguiti nel nostro paese, almeno fino a metà degli anni settanta. L’autore, correttamente, non ci lascia sentenze definitive sul personaggio, ma indubbiamente l’interpretazione di alcune pagine di storia recente, dal golpismo, allo stragismo, al terrore rosso e nero degli anni di piombo, risulta ben diversamente illuminata dopo la lettura del volume.