Sergio
Tau, La repubblica dei vinti,
Marsilio, Venezia, 2018
Raccogliere
le ultime voci prima del silenzio; questo l’obiettivo di Sergio Tau, che con lo
scrupolo del cronista, a venti anni di distanza, ha messo mano alle interviste realizzate
per la trasmissione radiofonica RAI Le
voci dei vinti. Un patrimonio immenso, che all’epoca fu solo parzialmente
utilizzato sia per motivi di programmazione sia, soprattutto, perché il tema
della militanza nella RSI era ancora argomento tabù, oggetto di infinite
polemiche dentro e fuori dal parlamento. Forse solo per chi è arrivato dopo
quella stagione alcune cose appaiono scontate: il disorientamento post 8
settembre, l’affezione per i miti del ventennio, l’effetto trascinamento che
ebbe l’esempio del “fascismo in famiglia”. Nelle testimonianze, crude, atroci,
rabbiose e allo stesso tempo così dense di verità raccolte dall’autore, tutti
questi temi riemergono e ribollono, senza censure e senza rimorso. E tutto ci
appare spietato, come spietata è una guerra civile combattuta fra diciottenni.
Una cronaca feroce di venti mesi di agguati e rappresaglie, bei gesti e
vigliaccherie, fino alla sconfitta finale e alle rappresaglie del dopo. Il
libro di Tau è forse uno dei migliori dell’ultimo decennio sul tema della
guerra fra italiani, e per come è stato realizzato ci appare migliore di tante narrazioni
moraliste pubblicate di recente. Perché il dolore qui si tocca con mano.
Davide
Filippi, La battaglia di Cecina,
Phasar, Firenze, 2018
E’
un peccato che l’autore, non uno storico di professione, abbia curato poco
l’editing di questo lavoro; l’opera è infatti costellata di cattive traduzioni
ed è redatta con prosa genuina, ma zoppicante. Eppure, come tante altre
narrazioni di storia locale, la vicenda narrata nelle pagine de La battaglia di Cecina è ancora in gran
parte inedita nella storiografia sulla campagna d’Italia combattuta fra 1943 e
1945. Nel giugno e luglio 1944, la parte meridionale della provincia di Livorno
vide lo scontro frontale, uno dei pochi nella nostra penisola, fra le Waffen SS
e l’esercito americano, in una battaglia che ebbe risvolti incredibilmente
cruenti per ambo le parti. I feroci e giovanissimi fanti con le mostrine nere
della 16° divisione Reichsfuehrer affrontarono
gli altrettanto agguerriti nippoamericani del 442° reggimento Nisei, in una serie di scontri
durissimi, talvolta all’arma bianca, con perdite spaventose e atti di coraggio
vicini all’incoscienza. La divisione tedesca ne uscì decimata nell’organico, e
il battesimo del fuoco delle SS fu il prologo di una scia di atrocità che
sconvolgeranno Toscana ed Emilia, da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto; per gli
statunitensi fu la prova, nei confronti della propria comunità e di una nazione
che era in guerra con il loro paese di provenienza, di essere meritevoli di
fiducia e testimoni di un coraggio fuori dal comune (il reggimento è a
tutt’oggi il più decorato dell’esercito USA). Tutto questo meritava una
narrazione appropriata ed è bene essere grati a Filippi per lo sforzo di raccontare
quanto sino ad oggi era stato in gran parte trascurato.
Leonardo
Raito, Paolo Spriano, Cleup, Padova,
2018
Nonostante
il rilievo avuto nella vicenda del PCI, e nella narrazione del partito stesso,
Paolo Spriano non aveva ancora goduto dell’attenzione di uno studio
monografico. Leonardo Raito, con maestria, senza acredine e allo stesso tempo
senza toni agiografici, colma questa lacuna, offrendoci il profilo di un uomo
colto e tormentato, ma fedele fino in fondo alle tesi del marxismo; dalla
vicenda resistenziale che lo vide giovane protagonista del movimento di
liberazione piemontese, sino alla repentina scomparsa avvenuta alla vigilia
della caduta del muro di Berlino, Spriano, talvolta facendo torto alla sua
stessa fine intelligenza, fu comunista senza tentennamenti e con fede cieca.
Convinto che l’assenza di democrazia nell’Urss e nei paesi del patto di
Varsavia fosse un peccato veniale sulla strada del socialismo, e non il vulnus
originale del leninismo prima e dello stalinismo poi. Autore di un
imprescindibile studio sulla storia del comunismo in Italia, non fu capace di
ammettere errori nella traiettoria di quel partito, e quando anche messo di
fronte all’evidenza dei fatti, da Budapest 1956 a Praga 1969, proseguì senza
tentennamenti sul binario delle proprie idee, non volendo o non potendo
distaccarsene. Raito, al termine dello studio, davvero prezioso, raccoglie una
serie di scritti, editi e inediti, di Spriano. Una lettura utile per
comprendere meglio il percorso di uno studioso tanto sensibile umanamente
quanto inscalfibile nelle proprie certezze ideologiche.
Rino
Moretti, Cattura e morte di un dittatore,
Mursia, Milano, 2018
L’autore
è un ricercatore non accademico che già in passato aveva offerto prove di
notevole interesse, come il volume, sempre pubblicato per Mursia, sulla
battaglia di Argenta, scontro decisivo per l’ottava armata britannica sulla via
della liberazione dell’intero nord Italia. In questo studio Moretti non ha la
pretesa di lanciare degli scoop su una vicenda ormai notissima e oggetto di
monografie da oltre mezzo secolo, ma di offrire lo stato dell’arte degli studi
scientifici sull’ultima settimana del fascismo e dei suoi leader. Nelle pagine
del volume si presentano finalmente con il giusto equilibrio tutte le parti in
causa: servizi americani, britannici e tedeschi, partiti politici italiani,
formazioni partigiane di diverso equilibrio e diverso orientamento. Il tutto
nel collasso di un regime ventennale e al termine di un anno e mezzo di spietata
guerra civile. In uno scenario di questo genere, forse, come sottolinea
Moretti, è abbastanza inutile cercare un filo conduttore in mezzo alla generale
confusione dell’ultimo scampolo della seconda guerra mondiale; molti eventi si
susseguirono per puro caso, con andamento zigzagante, proprio perché non c’era
un canovaccio sull’argomento principale: che fare del duce dopo la sua cattura.
I fatti, oltre ogni dietrologia, questo dimostrano, e ciò che ne seguì fu il
confuso susseguirsi di ordini fra autorità in disaccordo, che solo in un
secondo momento cercarono di creare una vulgata a beneficio del paese. Con
scarso successo.
Fausto
Sparacino, Norberto Bergna, Brigata Nera
Aldo Resega, Ritter, Milano, 2018
L’opera
di Sparacino e Bergna è davvero certosina nel ricostruire non soltanto le linee
generali della storia formazione derivata dalla militarizzazione dei fascisti
milanesi, ma le cronache delle decine di fasci del capoluogo lombardo dal
settembre 1943 fino all’aprile 1945. Le informazioni riportate, sia pure in
tono agiografico (manca, come spesso accade in questo tipo di studi ogni
accenno alle fucilazioni, alle deportazioni e alle torture, che pure ci furono
in gran quantità) risultano spesso inedite o poco esplorare. Il quadro che
emerge, non diversamente dagli studi sull’altra formazione meneghina, ossia la
legione “Ettore Muti”, è quella di una guerra civile stracittadina, dove si
incrociavano rancori ventennali, divisioni familiari, rivalità paesane e di
quartiere, il tutto in una atmosfera torbida e luttuosa, dove gli eventi
maggiori, come la visita di Benito Mussolini avvenuta in un imprevisto tripudio
di folla, a dicembre 1944, si incrociano con le storie di paese, con i funerali
desolati e solitari delle camicie nere e con lo stillicidio degli agguati e
delle rappresaglie. La narrazione è arricchita da una ricchissima
documentazione fotografica, in gran parte inedita, sulle manifestazioni
pubbliche del fascismo milanese. Lo studio appare indispensabile per chiunque
intenda avvicinarsi alla storia dell’ultimo squadrismo, tema che nonostante gli
apporti degli ultimi venti anni di storiografia, necessita tuttora di continui
approfondimenti e aggiornamenti.
Eugenio
di Rienzo, Ciano, Salerno, Roma, 2018
L’autore
ci offre una biografia letteralmente monumentale di Galeazzo Ciano e ci
consegna uno studio non solo indispensabile, ma per molti aspetti definitivo
per comprendere la storia del “genero del regime” dopo decenni di lavori
giornalistici o di agiografie scarsamente attendibili. L’affresco che ci viene
offerto ha numerosissimi motivi di interesse, non solo per gli storici di
professione ma anche per chiunque voglia approfondire la vicenda umana e
politica di uno dei protagonisti del ventennio fascista. Ciano, predestinato in
ogni senso, al ruolo che ricoprì al fianco (e alle spalle) di Mussolini, fu
molte cose contemporaneamente: squadrista ad honorem, fascista spurio,
diplomatico incosciente, marito infedele, monarchico in articulo mortis,
mussoliniano ondivago e tessitore di trame tanto occulte quanto inconsistenti,
l’ultima delle quali gli risultò fatale. Obiettivamente, però gli interlocutori
del conte di Cortellazzo non gli erano di molto migliori: ministri di stati
autoritari se non di autentiche dittature, esponenti mediocri di governi
democratici deboli con i forti e forti con i deboli, autentiche nullità che
hanno lasciato dietro le proprie spalle disastri politici e persecuzioni
disumane per motivi razziali, etnici e ideologici. Non ci pare casuale che,
oltre ai leader del nazismo e del fascismo, quasi tutti i protagonisti del
volume siano morti precocemente e violentemente, oppure siano scomparsi senza
lasciare ulteriori tracce nella storia politica europea. Un bel mondo dorato
nel quale Ciano era un parvenu, ma che dalle pagine di Di Rienzo ci appare più
vicino a “Grand Budapest Hotel” che a “L’ora più buia”: un universo
autoreferenziale, tragico e ridicolo assieme, costellato di protagonisti e
comparse irresponsabili e inadeguate. Quando in molti, anche oggi, rimpiangono
“gli statisti di un tempo” forse dovrebbero leggere cosa furono davvero i
politici di allora, e riflettere sui loro disastri, e sulle loro manchevolezze,
elencate con puntualità e gran mestiere dall’autore.