Reporter di una sconfitta imminente
Attilio Viziano, Ricordi di un corrispondente di guerra, Milano, Marvia, 2008
Alcune delle immagini di Attilio Viziano, classe 1923, erano già state pubblicate in altri volumi di storia della RSI, o addirittura in testate giornalistiche di Salò, per la loro qualità e per gli scritti (non privi di verve) del giovane giornalista ligure. Il “corpus” fotografico era invece sinora rimasto inedito, e il volume edito da Marvia raccoglie oltre trecento degli scatti in possesso di Viziano. E’ una documentazione di notevole importanza, per qualità e quantità, che copre circa un anno della storia di Salò, dalla tarda primavera del 1944 sino a quella del 1945.
Viziano, appartenente all’aeronautica della RSI, viene inserito nella compagnia operativa di propaganda (COP) delle forze armate salotine e compie un corso di preparazione presso l’Istituto Luce a Venezia, dopodiché, ai primi di settembre del 1944, è inviato assieme ad una ventina di colleghi a Heuberg, in Germania, dove è in fase di istruzione la divisione bersaglieri Italia. Sono foto interessanti, anche per osservare come si presentava il Reich nell’ultimo anno di guerra; quello che salta immediatamente all’occhio è che a fronte di città pesantemente bombardate, la campagna e i piccoli borghi agricoli ci appaiono pressoché intatti. Arrivato a Heuberg, nonostante il reporter cerchi in ogni modo di selezionare con cura i soggetti, l’apparenza complessiva dei soldati è sconfortante: baraccamenti deprimenti, equipaggiamenti e abbigliamento eterogeneo se non zingaresco, espressioni di gente assente o comunque poco convinta. Il reportage su una celebrazione italo-tedesca (forse l’11 novembre 1944) nello sfondo di un grigiore autunnale, vorrebbe essere marziale, ma ci appare cupo e triste, lasciando intravedere pure scampoli di irrisione da parte dei civili (soprattutto bambini: donne, uomini e vecchi sono quasi assenti, evidentemente tutti inseriti nell’ingranaggio bellico nazista) che ridono e scherzano al passaggio dei “soldati gallina”.
Tornato in Italia nell’ultimo inverno di guerra, Viziano si reca presso i posti avanzati tenuti dalla divisione Monterosa sulle Alpi occidentali. Le foto sono prevalentemente dedicate a soggetti militareschi, mentre manca del tutto la popolazione civile; pochissime foto sono dedicate ai borghi della montagna piemontese, che ci appaiono semideserti, animati solo dai militari di Salò.
Di notevole interesse una ventina di immagini che Viziano dedica alle giornate milanesi di Benito Mussolini del dicembre 1944; impietosi i primi piani dello smagrito duce e dei suoi ultimi fedeli in divisa (Barracu, Pavolini, Romano) e altrettanto sconfortante un campo lungo che fa emergere come la gente si sia raccolta tutta attorno al duce, che saluta dal tettuccio di un carro armato. In via Cordusio la folla si dirada, sino a lasciare ampi spazi di strada deserta, qua e là punteggiata di camicie nere e tedeschi curiosi di quell’ultimo e inatteso spettacolo. Poi ancora guerra. Fotografie del raggruppamento Cacciatori degli Appennini impegnato nelle Langhe contro i partigiani (non un volto sorridente, nemmeno nei primi piani più curati) e infine gli NP della X Mas sul fiume Senio, i quali, ai primi di aprile del 1945, più che impegnarsi in improbabili offensive, paiono cercare riparo dal diluvio di fuoco che proviene dall’8° armata britannica, ormai pronta all’offensiva finale.
I ricordi di Viziano, perlopiù sereni e non faziosi, corredano le fotografie del volume, che è di notevole importanza (non solo iconografica) per la ricostruzione dell’ultimo anno di guerra.
Giornalista, fotografo, fascista
Antonio Lombardi, Dalle Alpi a Heuberg, Genova, Effepi, 2006
Recensiamo, con colpevole ritardo dovuto alla non conoscenza di questo volume, la raccolta delle circa duecento fotografie – quasi tutte inedite – che il giornalista Carlo Crudo (anch’egli facente parte della compagnia operativa di propaganda delle forze armate della RSI) aveva scattato nel biennio 1943-45. E’ un percorso del tutto simile a quello di Viziano - i due si fotografano vicendevolmente in Germania - se non per la vicenda umana del protagonista. Crudo, trentacinquenne, è un fascista senza compromessi, che dopo l’armistizio si è immediatamente messo a disposizione delle autorità di Salò; dai primi del 1944 è direttore del foglio fascista aostano “La Provincia alpina” e assieme sottufficiale del battaglione autonomo Moschettieri delle Alpi, costantemente impegnato in azioni antipartigiane.
Le foto sono di qualità inferiore rispetto a quelle del suo collega ligure, ma non per questo meno interessanti. Per quel che concerne la parte relativa al campo di addestramento di Heuberg, anzi, sono forse addirittura più eloquenti dello stato di assoluta penuria che caratterizzava l’equipaggiamento di questi soldati. In alcuni scatti vengono ripresi insieme dozzine di militari vestiti con le uniformi più disparate (perfino da marinai), spesso senza armamento individuale. Incredibile la differenza con gli scatti ufficiali della visita di Mussolini, avvenuta qualche settimana prima. Gli uomini inquadrati, perso ogni residuale entusiasmo, appaiono consci del fatto di essere merce di scambio fra la RSI ed il Reich, che li vorrebbe destinati immediatamente all’antiaerea come ausiliari.
Al rientro in Italia, dopo alcuni reportage dedicati ai danni provocati dai bombardamenti alleati, Crudo viene inviato a documentare l’attività delle SS italiane in Piemonte, probabilmente nell’autunno 1944. Le truppe con le mostrine nere (talvolta del tutto in divisa tedesca, elmetto compreso: si tratta forse del battaglione Debiça) sono ritratte mentre passano attraverso borghi e campagne deserte. Non si vedono civili, ma solo militari nazisti. Le ultime foto sono curiose: Crudo è impegnato a lanciare con un mortaio dei proiettili caricati con dei volantini, probabilmente destinati alle formazioni partigiane piemontesi. Non conosciamo l’esito di questa, invero ingenua, azione di propaganda che conclude l’album del direttore de “La provincia alpina”.
Come nel caso del precedente volume, si tratta di documentazione preziosa per comprendere fatti ed episodi sino ad oggi scarsamente documentati dal punto di vista visivo.
Propaganda e quotidianità nella repubblica di Mussolini
Roberto Chiarini, Marco Cuzzi (a cura di), Vivere al tempo della Repubblica sociale italiana, Brescia, Massetti Rodella editori, 2007
Anche in questo caso redigiamo una recensione “ritardataria”, dovuta forse – oltre che a nostre innegabili lacune – alla scarsa pubblicità data a questa pubblicazione, che riserva invece vari motivi di interesse. Si tratta di documenti, foto e manifesti facenti parte di una mostra tenutasi a Salò nel 2004, in occasione del convegno per il debutto dell’attività del Centro studi e documentazione sul periodo storico della RSI. I testi che corredano le immagini sono di due studiosi di provate capacità come Roberto Chiarini e Marco Cuzzi, i quali hanno avuto il grande pregio – precisato in premessa – di non soffermarsi sui temi che in quel tempo infelice furono “… illuminati dai riflettori della politica e dai circuiti delle azioni militari …” (p. 7), restando invece al quotidiano, e alle immagini che del quotidiano offrono i documenti del vivere civile e i manifesti dell’apparato propagandistico salotino.
Se diverse illustrazioni erano conosciute, altre ci sono risultate inedite, come la selezione di alcune strisce di fumetti editi a Salò, o addirittura stupefacenti (il programma dell’ippodromo di San Siro con le corse dell’aprile 1945 e gli appunti di qualche solerte scommettitore). Poco di nuovo nelle rappresentazioni dei nemici dell’Asse, argomento che se da un lato dimostra una propaganda basata su stereotipi ormai frusti (l’ignoranza degli statunitensi, la prepotenza dei britannici, la bestialità sovietica e la cupidigia ebraica), dall’altro fa riflettere come sia pure nelle ristrettezze del Garda, il dicastero di Fernando Mezzasoma avesse nell’ottica mussoliniana un ruolo ancor più centrale che nel ventennio precedente: non possedendo nulla di solido con cui convincere gli italiani, evidentemente il duce si aggrappava ai manifesti e alle vignette di alcune fra le migliori firme della grafica italiana, da Boccasile a De Seta.
Non si può infine non restare allibiti di fronte al diagramma di sconcertante complicazione (p. 134), redatto per far capire ai gerarchi di Salò quanto i direttori delle testate del nord Italia polemizzassero fra loro invece di concentrarsi – comunque inutilmente – a fornire le notizie del Micup (già Minculpop) ai recalcitranti sudditi della repubblica gardesana.
La legione dei plebei
Carlo Rivolta, Arditi del 1944, Pavia, Maro, 2008.
Carlo Rivolta, reduce della legione Ettore Muti, ha speso buona della propria esistenza (è scomparso nel 2008) a cercare di dimostrare, tramite documenti, narrazioni autobiografiche e testimonianze, che il proprio reparto era sostanzialmente diverso da come la storiografia l’aveva dipinto per cinquant’anni. Compito invero improbo, sui cui risultati lasciamo il lettore a decidere.
L’ultima fatica di questo autore è un curioso volume, nel quale sono raccolti, in modo spesso confuso e non sempre comprensibile dai non addetti ai lavori, una serie di carte, ritagli di giornali e fotografie d’epoca, nonché intere pagine di elenchi telefonici milanesi del 1944-45. L’insieme di questo bric-a-brac ci è apparso comunque interessante: diversi documenti interni – comunicazioni, ordini del giorno, ordini di servizio – offrono uno spaccato del reparto più apertamente “plebeo” della Milano repubblichina. Una formazione che, stando alla rassegna stampa raccolta da Rivolta, appare incredibilmente sovrarappresentata sulla stampa del capoluogo lombardo (e non solo) rispetto al suo peso reale, sempre attorno a 1.200 unità, ed inoltre mai utilizzato dalle SS a livello superiore di quello di compagnia. Di notevole rilievo, almeno a nostro avviso, quanto l’autore è riuscito a raccogliere in merito alla morte del comandante della Muti, lo squadrista Franco Colombo, fucilato sul lago di Como dopo aver fatto parte con elementi dei servizi segreti americani e regi ad un tentativo di “recupero” del duce.
Incommentabili, infine, le foto raccolte nelle ultime pagine, dove si può osservare un meeting di “renactor” giapponesi i quali hanno deciso di ricostruire minuziosamente uniformi ed equipaggiamento del reparto al fine di ritrovarsi nei giorni festivi a simulare rastrellamenti e azioni antipartigiane, assieme ad amici e colleghi in divisa da paracadutisti nazisti o da brigatisti neri. Lasciamo al lettore ogni considerazione su cosa provocherebbe una “reunion” di questo genere nel nostro paese. Indubbiamente il mondo è bello (o brutto) perché è vario.
Attilio Viziano, Ricordi di un corrispondente di guerra, Milano, Marvia, 2008
Alcune delle immagini di Attilio Viziano, classe 1923, erano già state pubblicate in altri volumi di storia della RSI, o addirittura in testate giornalistiche di Salò, per la loro qualità e per gli scritti (non privi di verve) del giovane giornalista ligure. Il “corpus” fotografico era invece sinora rimasto inedito, e il volume edito da Marvia raccoglie oltre trecento degli scatti in possesso di Viziano. E’ una documentazione di notevole importanza, per qualità e quantità, che copre circa un anno della storia di Salò, dalla tarda primavera del 1944 sino a quella del 1945.
Viziano, appartenente all’aeronautica della RSI, viene inserito nella compagnia operativa di propaganda (COP) delle forze armate salotine e compie un corso di preparazione presso l’Istituto Luce a Venezia, dopodiché, ai primi di settembre del 1944, è inviato assieme ad una ventina di colleghi a Heuberg, in Germania, dove è in fase di istruzione la divisione bersaglieri Italia. Sono foto interessanti, anche per osservare come si presentava il Reich nell’ultimo anno di guerra; quello che salta immediatamente all’occhio è che a fronte di città pesantemente bombardate, la campagna e i piccoli borghi agricoli ci appaiono pressoché intatti. Arrivato a Heuberg, nonostante il reporter cerchi in ogni modo di selezionare con cura i soggetti, l’apparenza complessiva dei soldati è sconfortante: baraccamenti deprimenti, equipaggiamenti e abbigliamento eterogeneo se non zingaresco, espressioni di gente assente o comunque poco convinta. Il reportage su una celebrazione italo-tedesca (forse l’11 novembre 1944) nello sfondo di un grigiore autunnale, vorrebbe essere marziale, ma ci appare cupo e triste, lasciando intravedere pure scampoli di irrisione da parte dei civili (soprattutto bambini: donne, uomini e vecchi sono quasi assenti, evidentemente tutti inseriti nell’ingranaggio bellico nazista) che ridono e scherzano al passaggio dei “soldati gallina”.
Tornato in Italia nell’ultimo inverno di guerra, Viziano si reca presso i posti avanzati tenuti dalla divisione Monterosa sulle Alpi occidentali. Le foto sono prevalentemente dedicate a soggetti militareschi, mentre manca del tutto la popolazione civile; pochissime foto sono dedicate ai borghi della montagna piemontese, che ci appaiono semideserti, animati solo dai militari di Salò.
Di notevole interesse una ventina di immagini che Viziano dedica alle giornate milanesi di Benito Mussolini del dicembre 1944; impietosi i primi piani dello smagrito duce e dei suoi ultimi fedeli in divisa (Barracu, Pavolini, Romano) e altrettanto sconfortante un campo lungo che fa emergere come la gente si sia raccolta tutta attorno al duce, che saluta dal tettuccio di un carro armato. In via Cordusio la folla si dirada, sino a lasciare ampi spazi di strada deserta, qua e là punteggiata di camicie nere e tedeschi curiosi di quell’ultimo e inatteso spettacolo. Poi ancora guerra. Fotografie del raggruppamento Cacciatori degli Appennini impegnato nelle Langhe contro i partigiani (non un volto sorridente, nemmeno nei primi piani più curati) e infine gli NP della X Mas sul fiume Senio, i quali, ai primi di aprile del 1945, più che impegnarsi in improbabili offensive, paiono cercare riparo dal diluvio di fuoco che proviene dall’8° armata britannica, ormai pronta all’offensiva finale.
I ricordi di Viziano, perlopiù sereni e non faziosi, corredano le fotografie del volume, che è di notevole importanza (non solo iconografica) per la ricostruzione dell’ultimo anno di guerra.
Giornalista, fotografo, fascista
Antonio Lombardi, Dalle Alpi a Heuberg, Genova, Effepi, 2006
Recensiamo, con colpevole ritardo dovuto alla non conoscenza di questo volume, la raccolta delle circa duecento fotografie – quasi tutte inedite – che il giornalista Carlo Crudo (anch’egli facente parte della compagnia operativa di propaganda delle forze armate della RSI) aveva scattato nel biennio 1943-45. E’ un percorso del tutto simile a quello di Viziano - i due si fotografano vicendevolmente in Germania - se non per la vicenda umana del protagonista. Crudo, trentacinquenne, è un fascista senza compromessi, che dopo l’armistizio si è immediatamente messo a disposizione delle autorità di Salò; dai primi del 1944 è direttore del foglio fascista aostano “La Provincia alpina” e assieme sottufficiale del battaglione autonomo Moschettieri delle Alpi, costantemente impegnato in azioni antipartigiane.
Le foto sono di qualità inferiore rispetto a quelle del suo collega ligure, ma non per questo meno interessanti. Per quel che concerne la parte relativa al campo di addestramento di Heuberg, anzi, sono forse addirittura più eloquenti dello stato di assoluta penuria che caratterizzava l’equipaggiamento di questi soldati. In alcuni scatti vengono ripresi insieme dozzine di militari vestiti con le uniformi più disparate (perfino da marinai), spesso senza armamento individuale. Incredibile la differenza con gli scatti ufficiali della visita di Mussolini, avvenuta qualche settimana prima. Gli uomini inquadrati, perso ogni residuale entusiasmo, appaiono consci del fatto di essere merce di scambio fra la RSI ed il Reich, che li vorrebbe destinati immediatamente all’antiaerea come ausiliari.
Al rientro in Italia, dopo alcuni reportage dedicati ai danni provocati dai bombardamenti alleati, Crudo viene inviato a documentare l’attività delle SS italiane in Piemonte, probabilmente nell’autunno 1944. Le truppe con le mostrine nere (talvolta del tutto in divisa tedesca, elmetto compreso: si tratta forse del battaglione Debiça) sono ritratte mentre passano attraverso borghi e campagne deserte. Non si vedono civili, ma solo militari nazisti. Le ultime foto sono curiose: Crudo è impegnato a lanciare con un mortaio dei proiettili caricati con dei volantini, probabilmente destinati alle formazioni partigiane piemontesi. Non conosciamo l’esito di questa, invero ingenua, azione di propaganda che conclude l’album del direttore de “La provincia alpina”.
Come nel caso del precedente volume, si tratta di documentazione preziosa per comprendere fatti ed episodi sino ad oggi scarsamente documentati dal punto di vista visivo.
Propaganda e quotidianità nella repubblica di Mussolini
Roberto Chiarini, Marco Cuzzi (a cura di), Vivere al tempo della Repubblica sociale italiana, Brescia, Massetti Rodella editori, 2007
Anche in questo caso redigiamo una recensione “ritardataria”, dovuta forse – oltre che a nostre innegabili lacune – alla scarsa pubblicità data a questa pubblicazione, che riserva invece vari motivi di interesse. Si tratta di documenti, foto e manifesti facenti parte di una mostra tenutasi a Salò nel 2004, in occasione del convegno per il debutto dell’attività del Centro studi e documentazione sul periodo storico della RSI. I testi che corredano le immagini sono di due studiosi di provate capacità come Roberto Chiarini e Marco Cuzzi, i quali hanno avuto il grande pregio – precisato in premessa – di non soffermarsi sui temi che in quel tempo infelice furono “… illuminati dai riflettori della politica e dai circuiti delle azioni militari …” (p. 7), restando invece al quotidiano, e alle immagini che del quotidiano offrono i documenti del vivere civile e i manifesti dell’apparato propagandistico salotino.
Se diverse illustrazioni erano conosciute, altre ci sono risultate inedite, come la selezione di alcune strisce di fumetti editi a Salò, o addirittura stupefacenti (il programma dell’ippodromo di San Siro con le corse dell’aprile 1945 e gli appunti di qualche solerte scommettitore). Poco di nuovo nelle rappresentazioni dei nemici dell’Asse, argomento che se da un lato dimostra una propaganda basata su stereotipi ormai frusti (l’ignoranza degli statunitensi, la prepotenza dei britannici, la bestialità sovietica e la cupidigia ebraica), dall’altro fa riflettere come sia pure nelle ristrettezze del Garda, il dicastero di Fernando Mezzasoma avesse nell’ottica mussoliniana un ruolo ancor più centrale che nel ventennio precedente: non possedendo nulla di solido con cui convincere gli italiani, evidentemente il duce si aggrappava ai manifesti e alle vignette di alcune fra le migliori firme della grafica italiana, da Boccasile a De Seta.
Non si può infine non restare allibiti di fronte al diagramma di sconcertante complicazione (p. 134), redatto per far capire ai gerarchi di Salò quanto i direttori delle testate del nord Italia polemizzassero fra loro invece di concentrarsi – comunque inutilmente – a fornire le notizie del Micup (già Minculpop) ai recalcitranti sudditi della repubblica gardesana.
La legione dei plebei
Carlo Rivolta, Arditi del 1944, Pavia, Maro, 2008.
Carlo Rivolta, reduce della legione Ettore Muti, ha speso buona della propria esistenza (è scomparso nel 2008) a cercare di dimostrare, tramite documenti, narrazioni autobiografiche e testimonianze, che il proprio reparto era sostanzialmente diverso da come la storiografia l’aveva dipinto per cinquant’anni. Compito invero improbo, sui cui risultati lasciamo il lettore a decidere.
L’ultima fatica di questo autore è un curioso volume, nel quale sono raccolti, in modo spesso confuso e non sempre comprensibile dai non addetti ai lavori, una serie di carte, ritagli di giornali e fotografie d’epoca, nonché intere pagine di elenchi telefonici milanesi del 1944-45. L’insieme di questo bric-a-brac ci è apparso comunque interessante: diversi documenti interni – comunicazioni, ordini del giorno, ordini di servizio – offrono uno spaccato del reparto più apertamente “plebeo” della Milano repubblichina. Una formazione che, stando alla rassegna stampa raccolta da Rivolta, appare incredibilmente sovrarappresentata sulla stampa del capoluogo lombardo (e non solo) rispetto al suo peso reale, sempre attorno a 1.200 unità, ed inoltre mai utilizzato dalle SS a livello superiore di quello di compagnia. Di notevole rilievo, almeno a nostro avviso, quanto l’autore è riuscito a raccogliere in merito alla morte del comandante della Muti, lo squadrista Franco Colombo, fucilato sul lago di Como dopo aver fatto parte con elementi dei servizi segreti americani e regi ad un tentativo di “recupero” del duce.
Incommentabili, infine, le foto raccolte nelle ultime pagine, dove si può osservare un meeting di “renactor” giapponesi i quali hanno deciso di ricostruire minuziosamente uniformi ed equipaggiamento del reparto al fine di ritrovarsi nei giorni festivi a simulare rastrellamenti e azioni antipartigiane, assieme ad amici e colleghi in divisa da paracadutisti nazisti o da brigatisti neri. Lasciamo al lettore ogni considerazione su cosa provocherebbe una “reunion” di questo genere nel nostro paese. Indubbiamente il mondo è bello (o brutto) perché è vario.